La scelta del partner dipende da fattori diversi. Da un lato, è determinata dal desiderio che è fondamentale per sentire l’attrazione iniziale e creare successivamente una relazione.
La nostra percezione rispetto al desiderio o ad una simpatia verso l’altro è legata a ciò che dell’altro non vediamo e non conosciamo ancora.
Per descrivere meglio questo concetto, uso una metafora desunta dal linguaggio psicologico appellandomi al rapporto che intercorre, secondo la Psicologia della Gestalt, tra la Figura e lo Sfondo.
Il principale assunto della teoria della Gestalt, indica, come condizione necessaria per la comprensione da parte del nostro sistema percettivo di un’immagine, la distinzione tra la figura e lo sfondo. La figura e lo sfondo non possono mai essere letti contemporaneamente. Lo sfondo è quella parte dell’immagine che ci appare lontana e indefinita.
Quando c’innamoriamo di qualcuno, c’innamoriamo della figura ossia di ciò che vediamo poiché abbiamo un imprinting dettato dalle caratteristiche somatiche legate alle nostre figure d’attaccamento (i nostri genitori o chi per loro si è preso cura di noi nei primi anni della nostra vita).
Possiamo scegliere l’altro per similitudine o per complementarietà sia riguardo noi stessi sia riguardo le nostre figure significative.
Inoltre, c’innamoriamo anche di ciò che immaginiamo dell’altro; ciò significa che quando c’innamoriamo di qualcuno, non stiamo nell’Alterità ma dentro una nostra fantasia e una proiezione che facciamo sull’altro e anche dentro una promessa veicolata dall’altro (“Io ti renderò felice”) che è la promessa del piacere che poi va ad attivare il desiderio e l’attrazione fondamentali per far nascere un rapporto.
La promessa del piacere mette in moto un complesso sistema di risposte a livello ormonale durante il periodo dell’innamoramento con la produzione da parte dell’organismo di ormoni specifici.
Questo stato di cose è definito la “necessaria follia”. Nelle società occidentali si parla spesso d’amore e si afferma che per far decollare un rapporto c’è bisogno di un momento di follia, una follia necessaria appunto, per vivere un momento d’amore.
I poeti hanno descritto molto bene questo con le loro opere parlando di sentimenti.
Lo sfondo, invece, che rappresenta ciò che non vediamo e come l’altro è realmente, emerge dopo, nella cosiddetta fase della delusione. I rapporti di coppia, infatti, nascono, si sviluppano e possono esaurirsi attraverso fasi evolutive differenti.
L’innamoramento rappresenta la prima fase di un rapporto amoroso.
La delusione emerge quando dobbiamo fare i conti con lo sfondo cioè con ciò che non vedevamo, immaginavamo, conoscevamo dell’altro.
Nasce quando dobbiamo confrontarci con tutti quegli aspetti dell’altro che non ci piacciono, diversi da quelli che invece all’inizio ci hanno fatto innamorare e che rappresentano dell’altro le qualità per così dire positive. E questo succede sempre, anche nelle storie molto belle.
L’attrazione, dunque, è necessaria per far decollare la relazione.
L’interesse iniziale per l’altro passa attraverso i nervi e il bulbo olfattivo che sono direttamente collegati con una parte del nostro cervello chiamato sistema limbico che è una parte molto antica originatasi circa tre milioni di anni fa.
L’olfatto, dunque, riveste un ruolo importante. E il bulbo olfattivo e i nervi sono stimolati anche dal bacio. La scienza ci dice che bastano solo quattro minuti per capire se l’altro ci piace oppure no. Quando incontriamo qualcuno è dunque il sistema limbico a prevalere.
Quando invece cominciamo a conoscere l’altro, iniziamo anche a valutare se l’altro può andare bene per noi oppure no.
La valutazione razionale cognitiva che subentra dopo, fa capo ad un’altra parte del nostro cervello che invece è più recente e si è sviluppata centocinquantamila anni fa. Questa parte del nostro cervello che è la corteccia, ci illude di controllare.
E’ importante conoscere questi meccanismi per mettere in discussione ciò che crediamo di conoscere e questo ci permette anche di andare più cauti nella conoscenza dell’altro.
Un altro fattore che ci spinge a creare una relazione d’amore consiste in quella che la psicologia definisce come “mappa inconscia”. Possiamo definire la mappa inconscia come una sorta di canovaccio che ci guida nella scelta del partner in un modo in cui non siamo consapevoli.
Questo canovaccio è intessuto di tutta una serie di informazioni interne su quelle che sono state le nostre dinamiche relazionali con le nostre principali figure d’attaccamento (nostra madre, nostro padre e/o altri adulti per noi significativi).
Da bambini, infatti, impariamo a stare al mondo e cominciamo a crearci delle vere e proprie mappe mentali sull’immagine che abbiamo di noi stessi, sugli stati affettivi delle persone che ci circondano e su come funzionano i rapporti tra le persone attraverso il contatto e la relazione con gli adulti.
Queste mappe in psicologia sono chiamate Modelli Operativi Interni (MOI) e sono degli schemi di rappresentazione interna fatti di immagini, emozioni, comportamenti legati al rapporto che il bambino ha avuto con gli adulti significativi.
Una volta formati diventano inconsci cioè non accessibili alla consapevolezza e rimangono stabili nel tempo. I Modelli Operativi Interni influenzeranno le scelte affettive della vita adulta.
I rapporti amorosi, infatti, secondo gli studi sull’Attaccamento, si possono considerare come una sorta di riedizione delle dinamiche di relazione che abbiamo interiorizzato durante l’infanzia.
I vissuti degli attaccamenti come anche delle separazioni avvenute durante la prima infanzia ci sensibilizzano rispetto alle future esperienze affettive della vita adulta.
Nelle relazioni d’amore si possono osservare le stesse dimensioni che caratterizzano il rapporto madre-bambino.
Quando sperimentiamo il desiderio di avere e/o mantenere il contatto fisico con l’altro, quando sperimentiamo ansia da separazione quando l’altro si allontana, quando sperimentiamo una base sicura perché ci sentiamo amati, ci troviamo di fronte ad una relazione di attaccamento.
E’ stato John Bolwby, illustre studioso dell’Attaccamento, ad elaborare il concetto di “base sicura”.
Con questo termine, Bolwby si riferisce al ruolo svolto dalla madre nel rapporto col bambino.
La madre, nel periodo in cui il bambino inizia a muovere i primi passi per esplorare il mondo, rappresenta una potenziale base sicura che gli permette la libertà necessaria per l’esplorazione del mondo circostante e allo stesso tempo gli fornisce un sostegno e un conforto sicuro qualora il bambino incontrasse possibili ostacoli e pericoli.
Bolwby riteneva che il legame d’attaccamento si sviluppasse attraverso alcune fasi e che fosse di tipo sicuro quando il bambino sente di poter avere dalla figura di riferimento, protezione, affetto, senso di sicurezza.
Quando, invece, nel rapporto con la madre il bambino sperimenta instabilità, paura dell’abbandono, eccessiva dipendenza, allora il legame di attaccamento si configura come insicuro.
Le caratteristiche che definiscono il legame di attaccamento tra la madre e il bambino si possono riscontrare anche in un rapporto di coppia.
Gli adulti, ad esempio, ricercano la vicinanza del partner quando vivono situazioni stressanti, provano rassicurazione quando il partner li conforta, possono sperimentare vissuti d’ansia se il partner non è disponibile, riescono ad affrontare meglio la vita sociale se sentono di poter fare affidamento sul partner, ecc.
Tendenzialmente, se abbiamo avuto coi nostri genitori un legame d’attaccamento sicuro trasferiremo nelle nostre relazioni amorose il senso di fiducia dato dall’esperienza di base avuta da bambini.
Se abbiamo avuto, invece, un attaccamento insicuro, trasferiremo le ferite emotive sperimentate da bambini.
Ciò non significa che se non abbiamo avuto relazioni primarie gratificanti e nutrienti con i nostri genitori da bambini, non possiamo avere buone relazioni da adulti.
Essere consapevoli del tipo d’attaccamento che abbiamo sviluppato da bambini con le nostre figure di riferimento è fondamentale soprattutto se ci ritroviamo a vivere spesso relazioni amorose insoddisfacenti e fonte di sofferenza.
Da adulti, attraverso un percorso psicoterapeutico possiamo fare un lavoro di riparazione delle ferite antiche che condizionano la nostra vita affettiva e di relazione, ripristinando un senso di base sicura.
Se non l’abbiamo avuto con i nostri genitori possiamo sperimentarlo nella relazione d’aiuto con il terapeuta.
Questo ci permetterà di interiorizzare un oggetto d’amore stabile e ci farà sperimentare la fiducia di base necessaria per vivere relazioni d’amore più appaganti.